a cura di Margherita Scalise
Avvocato Amministrativista
Specializzata in Organizzazione e Funzionamento della Pubblica Amministrazione
Sul rapporto tra il c.d. vincolo di aggiudicazione e la partecipazione di imprese collegate
Con la sentenza n. 9003 del 21 ottobre 2022, il Consiglio di Stato, Sezione III, si è nuovamente pronunciato sulla questione relativa alle modalità di applicazione del c.d. vincolo di aggiudicazione, di cui all’art. 51, comma 3, del Codice dei contratti pubblici (Codice), nel caso di partecipazione, ai diversi lotti in gara, da parte di imprese collegate tra loro.
Nel caso di gare suddivise in lotti, l’art. 80, comma 5, lett. m), del Codice preclude la partecipazione alla gara ad un operatore economico che “si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”.
Al tempo stesso, tale divieto è considerato applicabile solo ed esclusivamente nei confronti dei concorrenti che presentano offerta per il medesimo lotto, non esplicando, invece, il proprio effetto preclusivo nell’ipotesi in cui le offerte presentate dalle imprese si riferiscano a lotti diversi. In altre parole, qualora l’offerta sia presentata su lotti differenti, il collegamento tra imprese (ovvero la sussistenza di un unico centro decisionale) non varrebbe a determinare l’esclusione delle società offerenti.
Ciò in quanto:
(i) “la pluralità di lotti, e la conseguente pluralità di gare, non consente di riconoscere, ai fini del divieto alla partecipazione a più lotti, la rilevanza dei collegamenti societari tra i diversi operatori economici partecipanti ai diversi lotti, così come previsto dall’art. 80, comma 5, lett. m), nel caso di partecipanti alla stessa gara (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 2017, n. 1973; nello stesso senso, più di recente, Cons. Stato, 12 gennaio 2017, n. 52);
(ii) poiché, “se la ratio della norma in esame […] risiede nell’esigenza di garantire un’effettiva e leale competizione tra gli operatori economici attraverso l’imposizione di un limite alla partecipazione alle gare a tutte quelle imprese le cui offerte si rivelino in concreto espressione di un unico centro decisionale, e quindi, come tali, idonee a condizionare il confronto concorrenziale, è evidente che la mancanza di autonomia nella formulazione delle offerte può assumere rilievo, ai fini concorrenziali al cui presidio la norma è rivolta, unicamente nelle ipotesi in cui le offerte, provenienti da un unico centro decisionale, siano volte ad ottenere l’aggiudicazione della medesima gara, essendo solo in tali casi le offerte non formulate in modo autonomo e indipendente idonee a falsificare il confronto concorrenziale” (cfr. ANAC, Delibera n. 893 del 2 ottobre 2019; in senso conforme Tar Lazio, 8 maggio 2014, n. 4810).
Diversa, e probabilmente più controversa, è l’applicazione del divieto di partecipazione anzidetto quando le stazioni appaltanti hanno introdotto la clausola ostativa alla partecipazione a lotti diversi e/o all’aggiudicazione di più di due lotti al medesimo offerente di cui all’art. 51, comma 3, del Codice. Come noto, infatti, il Codice conferisce alla stazione appaltante la facoltà di introdurre nella lex specialis una clausola che impedisce la partecipazione a lotti diversi e/o all’aggiudicazione di più di due lotti al medesimo offerente.
Se il comma 1 dell’art. 51 esprime un principio di carattere tendenzialmente doveroso per cui le gare debbono essere suddivise in lotti (salvo diversa e motivata determinazione contraria della stazione appaltante), i successivi commi 2 e 3 esprimono invece una regola facoltativa e “proconcorrenziale”, come affermato dalla giurisprudenza “in una (più) discrezionale prospettiva distributiva (propriamente antitrust)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 2021, n. 6481).
Ebbene, in questa sede ci si chiede se, una volta introdotto un tale vincolo di partecipazione e/o di aggiudicazione, lo stesso trovi automatica applicazione non solo nei confronti del medesimo offerente, come esplicitamente indicato dalla norma, ma anche nei confronti di imprese che si trovino tra loro in rapporto di controllo o di collegamento diretto o indiretto. In altre parole, se il divieto di partecipazione di cui all’art. 80, comma 5, lett. m), del Codice si applichi anche quando la stazione appaltante abbia deciso di applicare il c.d. vincolo di aggiudicazione.
Sul punto, la III Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9003/2022 in commento ha considerato del tutto pacifica l’automatica applicabilità del vincolo di aggiudicazione, non soltanto alla singola impresa, ma anche ad un unico centro decisionale.
Partendo dal presupposto che, “sul piano sistematico, il terzo comma del citato art. 51 del codice dei contratti pubblici si inserisce nel contesto di una disposizione la cui complessiva disciplina è finalizzata alla tutela – in termini di accesso al mercato delle commesse pubbliche – “delle microimprese, piccole e medie imprese”: così si esprime il primo comma, indicando la finalità della suddivisione in lotti (che è nozione, ed attività, logicamente propedeutica all’inserimento del vincolo di aggiudicazione, che tale suddivisione, appunto, suppone)”, i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che, “per coerenza”, nel caso in cui la stazione appaltante abbia limitato, ai sensi dell’art. 51, comma 3, il numero di lotti che possono essere aggiudicati ad un solo offerente, “l’offerta imputabile ad un unico centro decisionale debba essere parimenti considerata unica, in quanto imputabile ad un “solo offerente” sostanziale” (e sul punto richiamano il precedente Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 6481 del 2021).
In altri termini, si ritiene che, una volta esercitata nell’an la discrezionalità di cui all’art. 51, commi 2 e 3, con l’introduzione del vincolo quantitativo di partecipazione e/o di aggiudicazione, lo stesso trova applicazione a fortiori nel quomodo, dovendosi ritenere automaticamente esteso anche alle società che formano un unico centro decisionale.
Seppur la sentenza sembra negare qualsivoglia contrasto giurisprudenziale sul punto, vi sono in realtà alcune decisioni che sembrano essersi espresse in senso difforme. Ad esempio, la V Sezione del Consiglio di Stato con la pronuncia n. 8245/2021 ha evidenziato che, in presenza di clausole che impongano il c.d. vincolo di aggiudicazione, non vi sia alcun effetto automatico escludente per le imprese tra loro collegate che abbiano presentato l’offerta su lotti differenti. In particolare, secondo il ragionamento espresso dalla V Sezione, la stazione appaltante ha facoltà non solo di inserire il c.d. vincolo di aggiudicazione, ma anche di estenderlo o meno alle imprese collegate.
Nello stesso senso, si è espressa anche di recente la V Sezione ribadendo sempre che “in una procedura di gara suddivisa in lotti è la stazione appaltante a stabilire se introdurre un vincolo di partecipazione e/o di aggiudicazione e se, una volta introdotto tale vincolo, lo stesso trovi o meno applicazione anche per le imprese in rapporto di collegamento/controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c., ossia in situazioni sostanzialmente riconducibili allo stesso centro decisionale” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno 2022, n. 4718), richiamando la “prevalente giurisprudenza di questa sezione” (cfr. 10 dicembre 2021, n. 8245; 27 settembre 2021, n. 6481, cit.; 18 marzo 2021, n. 2350).
Alla luce di quanto sopra, la questione appare tutt’altro che pacifica e di sicuro interesse per tutti gli attori che agiscono nel particolare mercato delle gare pubbliche e, in particolare, per gli operatori economici.
Al tempo stesso, tuttavia, emerge l’esigenza di garantire a questi stessi attori maggiore certezza del quadro normativo rilevante. In tal senso, sarebbe forse auspicabile che la questione venga rimessa all’Adunanza Plenaria ma, parafrasando un noto cantautore italiano, “lo scopriremo solo vivendo”.
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