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a cura di Gaetano Scalise

Pubblicato sulla rivista “Pediatria”, Magazine della Società Italiana di Pediatria, volume 12 | numero 1-2 | gennaio-febbraio 2022

L’estensione della vaccinazione antiCovid-19 ai minori ha introdotto nuove e diverse considerazioni dal punto di vista sanitario, sociale, etico e bio-giuridico soprattutto in riferimento al coinvolgimento attivo degli adolescenti. È ormai chiaro e dimostrato da tutte le evidenze scientifiche che tale vaccinazione comporti un importante vantaggio sulle strategie di contenimento dell’infezione e a beneficiarne sono innanzitutto i ragazzi stessi. È altrettanto evidente che le eventuali conseguenze dell’infezione sono comunque superiori ai rarissimi effetti collaterali della vaccinazione. Sarebbe altresì un grave errore sottovalutare le gravi conseguenze in termini di salute psichica che le restrizioni conseguenti alla pandemia hanno comportato sugli adolescenti, definita da molti una vera “epidemia parallela” di cui non si conoscono le conseguenze a lungo termine.

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Non meno importante l’interruzione della didattica in presenza che ha comportato altresì un aumento delle diseguaglianze causate dal “digital divide” nelle varie aree geografiche. Dal punto di vista epidemiologico va sottolineato che sono circa 8.000.000 i minori di età sopra i 5 anni, circa il 13% della popolazione, e di questi la maggior parte (circa il 9%) è rappresentata dagli adolescenti. Una quota notevole che ha molti contatti sociali, si sposta autonomamente con una forte tendenza ad aggregarsi e non sempre disponibile al rispetto delle regole. E questo può comportare delle importanti ripercussioni sulla diffusione delle malattie trasmissibili. Dunque, l’estensione della vaccinazione è utile a contenere la diffusione dell’epidemia con notevole vantaggio anche sulla salute pubblica. Da qui l’importanza di coinvolgere, ascoltare e responsabilizzare i ragazzi facendoli sentire parte delle decisioni, coinvolgendoli anche sull’aspetto solidale, virtù verso cui i ragazzi hanno spesso dimostrato sensibilità.

È compito dei sanitari in primis e poi anche delle agenzie educative e delle famiglie educare all’importanza delle vaccinazioni, essenziale affinché si possano fare scelte consapevoli e responsabili. Va peraltro sottolineato che vaccinarsi è anche un diritto degli adolescenti, un diritto che non può essere negato. Il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) sottolinea, con un documento del 29 luglio 2021, che “la vaccinazione anti-Covid-19 degli adolescenti richiede nuove e diverse attenzioni e forme di comunicazione adatte all’età da parte delle istituzioni e dei medici”. L’adolescente, soprattutto dopo i 12 anni (c.d. “grande minore”), va ascoltato e ha diritto ad esprimere la sua opinione. Sotto il profilo del processo decisionale, spetta a chi esercita la responsabilità genitoriale ogni decisione sui trattamenti medici di soggetti minorenni. Non fa eccezione la scelta di sottoporre il minore alle vaccinazioni ma, in linea di massima, applicando le regole generali contenute nelle carte internazionali (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata con legge 176/91, Convenzione di Strasburgo del 1997 sullo stesso argomento, articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e oggi espressamente col Reg. UE 219/1111) e nella normativa statale (artt. 315-bis e 337-bis – 337-octies del codice civile introdotti dalla legge 219 del 2012 e dal d.lgs. 154/2013), a partire dagli anni 12 il minore dovrà essere comunque ascoltato. Questo diritto spetta anche ai minori di età inferiore che abbiano capacità di discernimento, nei trattamenti sanitari che li riguardano, al fine di arrivare ad individuare il percorso clinico più idoneo, in ossequio al principio del “best interest of the child”, (il principio dell’interesse superiore del minore) elemento fondamentale, questo, nella legislazione.

 

È compito dei sanitari in primis e poi anche delle agenzie educative e delle famiglie educare all’importanza delle vaccinazioni, essenziale affinché si possano fare scelte consapevoli e responsabili. Va peraltro sottolineato che vaccinarsi è anche un diritto degli adolescenti, un diritto che non può essere negato. Il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) sottolinea, con un documento del 29 luglio 2021, che “la vaccinazione anti-Covid-19 degli adolescenti richiede nuove e diverse attenzioni e forme di comunicazione adatte all’età da parte delle istituzioni e dei medici”. L’adolescente, soprattutto dopo i 12 anni (c.d. “grande minore”), va ascoltato e ha diritto ad esprimere la sua opinione. Sotto il profilo del processo decisionale, spetta a chi esercita la responsabilità genitoriale ogni decisione sui trattamenti medici di soggetti minorenni. Non fa eccezione la scelta di sottoporre il minore alle vaccinazioni ma, in linea di massima, applicando le regole generali contenute nelle carte internazionali (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata con legge 176/91, Convenzione di Strasburgo del 1997 sullo stesso argomento, articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e oggi espressamente col Reg. UE 219/1111) e nella normativa statale (artt. 315-bis e 337-bis – 337-octies del codice civile introdotti dalla legge 219 del 2012 e dal d.lgs. 154/2013), a partire dagli anni 12 il minore dovrà essere comunque ascoltato.

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Questo diritto spetta anche ai minori di età inferiore che abbiano capacità di discernimento, nei trattamenti sanitari che li riguardano, al fine di arrivare ad individuare il percorso clinico più idoneo, in ossequio al principio del “best interest of the child”, (il principio dell’interesse superiore del minore) elemento fondamentale, questo, nella legislazione. L’interesse superiore della persona di minore età deve essere considerato preminente. È soprattutto con la legge 219 del 2017 (“Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”) che viene evidenziata la necessità di sostenere il minore nel processo decisionale in ambito di salute che lo riguardi tenendo in debita considerazione la sua opinione. Il legislatore enfatizza in modo particolare l’aspetto informativo con “valorizzazione” delle capacità di comprensione della persona minore per essere messa nelle condizioni di poter esprimere la propria volontà. E sebbene venga chiaramente sancito che il consenso informato al trattamento sanitario del minore debba essere espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore, viene comunque ribadito come si debba tener conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità. Il “grande minore” dunque è un soggetto il cui “consenso non può essere trascurato”, costituendo un nodo di problematicità nell’ambito bioetico e bio-giuridico. Ma cosa succede se la volontà del “grande minore” di vaccinarsi fosse in contrasto con quella dei genitori? In questo caso la volontà del minore coincide, come ampiamente dimostrato dalle evidenze scientifiche, con il migliore interesse della sua salute psicofisica e della salute pubblica e quindi dovrebbe essere ascoltato da personale competente e la sua volontà dovrebbe prevalere nei confronti del dissenso dei genitori. Ovviamente a maggior ragione in presenza di patologie complesse che costituiscono fragilità. Qualora i genitori rifiutino la vaccinazione o vi sia dissenso fra i genitori, sarebbe auspicabile e prezioso il ricorso, ove possibile, prima che al giudice (legge 219/2017, art. 3 comma 5), ad un comitato di etica clinica, che offra una consulenza per la chiarificazione e possibilmente la risoluzione delle divergenze. Un’altra opportunità, probabilmente ragionevole ma di più complessa realizzazione, potrebbe essere la discussione delle diverse opinioni da parte dei soggetti coinvolti con esperti. A tal proposito il Tribunale di Genova, quarta sezione civile, in data 17 settembre 2021 ha adottato delle interessanti linee guida sul punto, che ripercorrono fondamentalmente l’orientamento sviluppatosi in seno alla giurisprudenza civile, in base alle quali al fine di comporre il conflitto tra i genitori in ordine alla vaccinazione del figlio minore, sarà applicabile l’art. 3 comma 5 della legge 219, con la conseguente attribuzione di competenza al giudice tutelare, anziché al Tribunale per i Minorenni, salvo il caso non sia pendente un procedimento per la separazione o il divorzio dei due coniugi ovvero che sia il medesimo minore ad opporsi alla vaccinazione. Ad ogni modo, a fronte del ricorso, occorrerà: a) sentire i genitori; b) sentire il minore se ha compiuto i dodici anni ovvero anche di età inferiore ove capace di discernimento (che verrà sentito personalmente dal Giudice Tutelare, in Tribunale); c) sentire il medico competente ovvero acquisirne il parere. Invero, è la stessa Corte di Cassazione (Cass. Sez. I, 10 settembre 2014, n. 19007) ad affermare che “la volontà – in senso positivo o negativo alla vaccinazione – espressa dal minore ultra dodicenne in sede di ascolto, se non può costituire elemento su cui fondare univocamente ed unicamente la decisione, deve in ogni caso essere adeguatamente valorizzata con specifica motivazione in caso di eventuale discostamento da parte del Giudice tanto più stringente quanto il minore, anche in ragione dell’età, abbia mostrato capacità di discernimento”. Nel caso dell’adolescente che rifiuti la vaccinazione anti-Covid-19 è auspicabile che sia informato da personale medico e comunque da personale competente, nelle modalità consone al suo grado di comprensione dovute all’età. L’adolescente dovrebbe comunque essere informato anche sull’aspetto solidale che la vaccinazione comporta sulla salute pubblica e comunque i contrasti andrebbero gestiti da soggetti esperti che tentino di ricomporre i dissensi, prima di procedere in altro modo.

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