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a cura di Gaetano Scalise
  Nota alla Sentenza 27 Gennaio 2021  Tribunale di Reggio Emilia, Sezione G.I.P.-G.U.P. del Dott. Dario De Luca.
Pubblicato il 12 marzo 2021 sulla pagina Facebook del “Dipartimento Giustizia Lega Salvini Premier – Lazio”
SOMMARIO
  1. La massimaIl caso3. Le soluzioni giuridiche4. Osservazioni.
 
  1. La massima.
“In tema di falso ideologico, non è punibile, giacché integrerebbe una ipotesi di c.d. “falso inutile”, la condotta di chi attesti falsamente le ragioni del proprio spostamento all’interno dell’atto di autocertificazione di cui al D.P.C.M. 8 marzo 2020 e ss. mm. ii., Pubblicato il 12 marzo 2021 sulla pagina Facebook del “Dipartimento Giustizia Lega Salvini Premier – Lazio” in quanto tale Decreto deve ritenersi illegittimo, e pertanto oggetto di disapplicazione da parte del Giudice Ordinario, nella parte in cui prevede un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configurando un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare in violazione dell’art. 13 Cost.”.  
  1. Il caso.
La vicenda trae origine da una falsa attestazione da parte di G.M. e di C.D. in ordine ai motivi del loro spostamento all’esito di un controllo dove i Carabinieri di Correggio richiedevano alla coppia la compilazione dell’atto formale di autocertificazione affinché dessero contezza del loro essere al di fuori dell’abitazione in contrasto con l’obbligo imposto dal D.P.C.M. 8 marzo 2020.  
  1. Le soluzioni giuridiche.
Il Tribunale di Reggio Emilia, Sezione G.I.P.- G.U.P., intervenendo su una questione che ha sollevato nel poco tempo notevoli perplessità, ha stabilito in via assorbente “la indiscutibile illegittimità” dell’art. 1, comma 1, lett. a) del D.P.C.M. dell’8 marzo 2020 per violazione dell’art. 13 Cost., con conseguente dovere del Giudice ordinario di disapplicare tale D.P.C.M., ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865 All. E, nella misura in cui esso impone di “evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute”. In particolare, il G.I.P. ha evidenziato che tale disposizione, nel prevedere un “divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione”, seppur con limitate e specifiche eccezioni, “configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare” che nel nostro ordinamento giuridico è qualificato alla stregua di una sanzione penale restrittiva della libertà personale e in quanto tale irrogabile esclusivamente dal Giudice penale per alcuni reati all’esito di un giudizio, ancorché cautelare. A tal proposito, ha evidenziato il Giudicante come, salvo incorrere come anticipato in una palese violazione dell’art. 13 Cost. (e non già, stante l’assolutezza del divieto, dell’art. 16 Cost. in tema di libertà di circolazione laddove in questo caso una limitazione sarebbe astrattamente legittima), un Decreto di fonte meramente regolamentare di rango secondario quale è il D.P.C.M. “non può disporre alcuna limitazione della libertà personale”; peraltro, ha ricordato il Giudice, che la legge o un atto avente forza di legge non possono “prevedere in via generale e astratta, nel nostro ordinamento, l’obbligo della permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini, posto che l’art. 13 Cost. postula una doppia riserva, di legge e di giurisdizione, implicando necessariamente un provvedimento individuale, diretto dunque nei confronti di uno specifico soggetto, in osservanza del dettato di cui al richiamato art. 13 Cost.”. Pertanto, essendo stato ciascun imputato ““costretto” a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese” e che dunque deve ritenersi illegittima per contrasto con l’art. 13 della Carta Costituzionale, il G.I.P., previa disapplicazione della norma di origine ministeriale che imponeva la compilazione e sottoscrizione della autocertificazione, ha concluso nel senso che la condotta di falso, benché appurata da un punto di vista oggettivo, “non è tuttavia punibile giacché nella specie le esposte circostanze escludono l’antigiuridicità in concreto della condotta e, comunque, perché la condotta concreta, previa la doverosa disapplicazione della norma che imponeva illegittimamente l’autocertificazione, integra un falso inutile, configurabile quando la falsità incide su un documento irrilevante o non influente ai fini della decisione da emettere in relazione alla situazione giuridica che viene in questione”.
Osservazioni La sentenza in commento assume particolare valore in quanto torna a ribadire con forza l’importanza del principio enucleato all’art. 13 della nostra Carta Costituzionale, in un delicato periodo storico come quello in cui oggi ci troviamo a vivere che in alcuni momenti sembra mettere – sin troppo – da parte il guadagnato attaccamento ad un fondamentale nonché inviolabile diritto qual è il diritto alla libertà personale. In tal senso il Tribunale di Reggio Emilia, dichiarando l’illegittimità e la conseguente disapplicazione del D.P.C.M dell’8 marzo 2020 laddove limita in maniera assoluta gli spostamenti individuali salvo che questi siano opportunamente giustificati, sembra aver, così, ristabilito il corretto inquadramento giuridico del rapporto tra disposizioni contenute in un D.P.C.M., atto di origine amministrativa, e la compressione del diritto ad una libertà personale che deve essere gelosamente protetta.
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